Un tempo dicevi di amare soltanto Catullo,
o Lesbia, e per me di non volere l’abbraccio di Giove.
Allora ti amai, non solo come il volgo l’amante,
ma come il padre ama i suoi figli e i suoi generi.
Ora ti ho conosciuta; perciò anche se brucio più forte,
tuttavia mi sei molto più vile e leggera.
“Come è possibile?”, dici. Perché tale offesa costringe
l’amante ad amare di più, ma a volere meno bene.
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Dicebas quondam solum te nosse Catullum,
Lesbia, nec prae me velle tenere Iovem.
Dilexi tum te non tantum ut vulgus amicam,
sed pater ut gnatos diligit et generos.
Nunc te cognovi: quare etsi impensius uror,
multo mi tamen es vilior et levior.
“Qui potis est”, inquis? Quod amantem iniuria talis
cogit amare magis, sed bene velle minus.
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Gaio Valerio Catullo Verona 84 a.C. – Roma 84 a.C. poeta romano.
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