Saluterò di nuovo il sole,
e il torrente che mi scorreva in petto,
e saluterò le nuvole dei miei lunghi pensieri
e la crescita dolorosa dei pioppi in giardino
che con me hanno percorso le secche stagioni.
Saluterò gli stormi di corvi
che a sera mi portavano in offerta
l’odore dei campi notturni.
Saluterò mia madre, che viveva in uno specchio
e aveva il volto della mia vecchiaia.
E saluterò la terra, il suo desiderio ardente
di ripetermi e riempire di semi verdi
il suo ventre infiammato,
sì, la saluterò
la saluterò di nuovo.
Arrivo, arrivo, arrivo,
con i miei capelli, l’odore che è sotto la terra,
e i miei occhi, l’esperienza densa del buio.
Con gli arbusti che ho strappato ai boschi dietro il muro.
Arrivo, arrivo, arrivo,
e la soglia trabocca d’amore
ed io ad attendere quelli che amano
e la ragazza che è ancora lì,
nella soglia traboccante d’amore, io
la saluterò di nuovo.
Dono
Io parlo dagli abissi della notte.
Dagli abissi dell’oscurità io parlo
Dal profondo della notte.
O amico, se vieni a casa, porta per me una luce
E una piccola finestra,
da cui guardare la gente del vicolo felice.
Forugh Farrokhzad, Tehran 1935 – 1967, è forse la più grande poetessa iraniana. Forugh nei suoi versi parla da donna, mettendo in piazza i suoi sentimenti, le sue aspirazioni, la sua protesta. Nella vita, lascia il marito e il figlio per dedicarsi solo alla poesia e intreccia legami con vari personaggi, cosa che le attira spietate critiche dalla società iraniana del tempo. Dopo un breve periodo europeo rientra in patria, econtinua a cantare i suoi amori, infrangendo sia la morale comune sia i canoni della poesia persiana. Muore poco più che trentenne in un incidente stradale.
Forugh Farrokhzad